28 Febbraio 2021

Managing Chaos con la Time Etiquette

Articolo-intervista a Marta Valente e Roberto Bonanomi sul progetto Managing Chaos with Time Etiquette, un intervento rivolto a organizzazioni che lavorano in contesti eterogenei (teleworking, smart working, open office, etc.) e che sentono la necessità di “gestire il chaos”.

Da dove nasce il progetto “Managing Chaos con la Time Etiquette”?

Un’ampia letteratura scientifica riporta i deleteri effetti di un'erronea gestione delle comunicazioni e del tempo in termini di performance, qualità del lavoro e benessere. (Basoglu et al. 2009; Foroughi et al. 2014; Paridon & Kaufmann, 2010; Baethge & Rigotti, 2013; Galluch et al. 2015; Pachler et al. 2018).

Uno degli effetti più dannosi è la quantità di interruzioni improprie che si generano all’interno di una organizzazione complessa, con esteso ricorso alla digitalizzazione e operante in contesti eterogenei (smart working, teleworking, open office, etc.).

Si possono quantificare gli effetti deleteri delle interruzioni improprie?

Certamente. Ci sono diverse ricerche che forniscono dati interessanti ma probabilmente la più completa, per i nostri scopi, è quella di Bailey & Konstan (2006).

L’abbiamo selezionata per due motivi.

Innanzitutto, all’interno di un solo disegno sperimentale i ricercatori analizzano performance, qualità del lavoro e impatto sulle emozioni e sui livelli di ansia.

Inoltre, la ricerca utilizza compiti sperimentali sovrapponibili a quello di un knowledge worker, ed è quindi generalizzabile al nostro target di clienti.

L’esperimento prevede un gruppo sperimentale e uno di controllo. Ad entrambi i gruppi viene chiesta l’esecuzione di una successione di task “principali”. Nel gruppo sperimentale i task principali vengono interrotti nel mezzo da task “periferici”. Nel gruppo di controllo, invece, i task periferici vengono eseguiti al termine di un task principale, prima di passare al successivo.

Nel gruppo sperimentale, ovvero quello soggetto a interruzioni, si rileva rispetto al gruppo di controllo:

  • Uno spreco dal 3% al 27% del tempo.
  • Il 100% in più di errori compiuti.
  • Il 100% in più di aumento dell’ansia di stato (misurato con la scala STAI).
  • Il 50% di aumento di emozioni negative (annoyance).

Questi parametri, in particolare il tempo impiegato, variano in funzione della difficoltà del task. Ad esempio, quando il task consiste nella semplice registrazione delle proprie generalità, lo spreco di tempo è “solo” del 3%. Con l’esecuzione di un task più complesso, come una somma algebrica con numeri a 4 cifre, è addirittura del 27%.

È quindi indispensabile che le organizzazioni strutturino il modo di operare per evitare le interruzioni.

Non basta affidarsi alla buona volontà delle persone che lavorano per l’organizzazione?

Purtroppo, no, come mostrano alcuni illuminanti ricerche (McDowall & Kinman, 2017; Katidioti & Taatgen, 2014; Mazmanian et al. 2013).

Non basta perché alcuni aspetti della gestione delle comunicazioni sono contro-intuitivi; senza direttive su come comportarsi e come utilizzare le tecnologie, le persone tendono, pur con le migliori intenzioni, ad agire comportamenti disfunzionali.

Non è sufficiente partecipare ad un corso di Time Management?

Certamente utile, ma non basta perché la gestione del tempo è un fenomeno organizzativo, non individuale. Serve a poco organizzare le attività per priorità e urgenza se sono costretto a interromperle continuamente. Serve un codice di condotta condiviso.

Perché le organizzazioni non si dotano di questo “codice di condotta”?

Perché non sanno quali norme adottare. In passato, diverse società hanno adottato accorgimenti (tipo quello di non mandare email dopo una certa ora) ma tutte hanno fallito (Paczkowski & Kuruzovich, 2016; Bonanomi & Paczkowski, 2019). Questi accorgimenti erano forse più dettati dal trend del momento; non erano parte di un disegno razionale complessivo.

Che soluzione proponete?

Proponiamo una soluzione in 3 passi:

  1. Un questionario, la Time Etiquette Survey, online, per rilevare i risparmi in termini di tempo e i benefici in termini di wellbeing che si possono ottenere. Consente inoltre di valutare l’efficacia dell’intervento proposto.
  2. Un insieme di poche e facili (ma per nulla scontate) norme razionali, la Time Etiquette®. Queste regole sono semplici ma è necessario comunicarle e spiegarle (vedi passo successivo).
  3. Abbiamo sviluppato la comunicazione necessaria per diffonde la cultura della Time Etiquette e la formazione su tecniche e tecnologie per gestire le proprie attività, il tempo e le interazioni con gli altri, il Managing Chaos.

La formazione è interamente online, interattiva, fruibile in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Il progetto può essere realizzato in modo incrementale, a partire da un singolo ufficio, o in modo estensivo a tutta l’organizzazione.

Conclusioni

In conclusione, un progetto out-of-the box, pronto per essere realizzato che, a seconda del tipo di organizzazione, consente benefici a doppia cifra in termini di performance, qualità del lavoro e wellbeing. Il tutto documentato da un'ampia letteratura scientifica.

Bibliografia

Bailey, B. P., & Konstan, J. A. (2006). On the need for attention-aware systems: Measuring effects of interruption on task performance, error rate, and affective state. Computers in human behavior, 22(4), 685-708.

Bonanomi, R. & Paczkowski, W.F., (2019).  Interruptions in the workplace: Manager-subordinate relationship impact and moderating effects of the manager's personality.  Presented at the 2019 Annual Meeting of the Southern Management Association, Norfolk, VA.

Bonanomi, R., (2016). Time Etiquette. Un Sistema rivoluzionario per mettere ordina in un mondo dove tutto è urgente. Ed. HURACT.

de Wet, W., Koekemoer, E., and Nel, J. A. (2016). Exploring the impact of information and communication technology on employees' work and personal lives. SA Journal of Industrial Psychology, 42 (1), 1–11.

Foroughi, C. K., Werner, N. E., Nelson, E. T., and Boehm-Davis, D. A. (2014). Do interruptions affect quality of work? Human Factors, 56 (7), 1262–1271.

Galluch, P. S., Grover, V., & Thatcher, J. B. (2015). Interrupting the workplace: Examining stressors in an information technology context. Journal of the Association for Information Systems, 16(1), 1.

Grebner, S., Semmer, N., Faso, L. L., Gut, S., Kälin, W., & Elfering, A. (2003). Working conditions, well-being, and job-related attitudes among call centre agents. European Journal of Work and Organizational Psychology, 12(4), 341-365.

Jackson, T. W., Dawson, R., & Wilson, D. (2003). Understanding email interaction increases organizational productivity. Communications of the ACM, 46(8): 80–84.

Kim, J., & de Dear, R. (2013). Workspace satisfaction: The privacy-communication trade-off in open-plan offices. Journal of Environmental Psychology, 36, 18-26.

McDowall, A., & Kinman, G. (2017). The new nowhere land? A research and practice agenda for the “always on” culture. Journal of Organizational Effectiveness: People and Performance4(3), 256–266.

Mark, G., Gudith, D., & Klocke, U. (2008). The cost of interrupted work: more speed and stress. In Proceedings of the SIGCHI conference on Human Factors in Computing Systems (pp. 107-110). ACM.

Mazmanian, M., Orlikowski, W. J., and Yates, J. (2013). The Autonomy Paradox: The Implications of Mobile Email Devices for Knowledge Professionals. Organization Science, 24 (5), 1337–1357.

Paczkowski, W. F. and Kuruzovich, J. (2016). Checking Email in the Bathroom: Monitoring Email Responsiveness Behavior in the Workplace. American Journal of Management, 16 (2), 23–39.

Rout, U., Cooper, C. L., & Rout, J. K. (1996). Job stress among British general practitioners: Predictors of job dissatisfaction and mental ill‐health. Stress and Health, 12(3), 155-166.

Spira, J. B., & Feintuch, J. B. (2005). The cost of not paying attention: How interruptions impact knowledge worker productivity. Retrieved from Basex.

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